Il teorema di Fermat: quello che c'è da sapere
Tutti conosciamo il teorema di Pitagora. Considerando un triangolo rettangolo, la somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti è pari all'area del quadrato costruito sull'ipotenusa. In simboli, chiamando a la lunghezza dell'ipotenusa e b, c quelle dei cateti:
a² = b² + c².
Una particolarità di questa equazione (forse una delle più famose della matematica) è che ammette soluzioni intere. Esistono cioè terne di numeri interi positivi (a, b, c) tali che l'equazione sopra è soddisfatta. Queste terne sono chiamate "terne pitagoriche", e ne esistono infinite. La più famosa è la terna (3, 4, 5):
5² = 3² + 4².
Il matematico francese Pierre de Fermat rimase incuriosito da questa equazione, e cercò di generalizzarla, modificandola leggermente. Per esempio, considerò questa con i cubi al posto dei quadrati:
a³ = b³ + c³.
Salta fuori che con i cubi non si riescono a trovare soluzioni intere. Lo stesso succede per le equazioni
a⁴ = b⁴ + c⁴.
a⁵ = b⁵ + c⁵.
...
a⁵ = b⁵ + c⁵.
...
e, in generale, se n è un numero intero maggiore di 2:
aⁿ = bⁿ + cⁿ.
Tutte queste equazioni, con l'eccezione del caso n = 2, non ammettono nessuna soluzione composta interamente di numeri interi (provare per credere!).
Fermat dichiarò di aver trovato una dimostrazione di questo fatto. Annotò la sua idee sul libro che stava leggendo, l'Arithmetica di Diofanto, con queste parole:
«Ho una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non entra nel margine stretto della pagina».
Questa annotazione, datata 1637, è diventata una delle frasi più famose nella storia della matematica. Alla sua morte, il figlio Clément-Samuel Fermat pubblicò il libro di Diofanto corredato dei commenti lasciati da Fermat. Moltissime di queste note si rivelarono teoremi corretti, noti e meno noti. Per questi risultati, Fermat è stato nominato il "padre della teoria dei numeri". Soltanto l'affermazione
sull'equazione di Pitagora "generalizzata" resisteva ad ogni tentativo di dimostrazione. Allo stesso modo, nessuno riusciva a dimostrare che fosse falsa, trovando un controesempio. Nel tempo, questa affermazione all'apparenza così semplice, ma così difficile da dimostrare, prese il nome di "ultimo teorema di Fermat".
Ci vorranno secoli, fino al 1995, per ottenere una dimostrazione convincente. Di questo parlerò in un prossimo post.
La figura, tratta da Wikipedia, mostra la pagina del libro "Arithmetica" di Diofanto, col commento di Fermat ("Observatio Domini Petri de Fermat").
Parliamo di terne pitagoriche. Il perché si capirà (spero) nella prossima puntata. Partiamo dalla famosa equazione pitagorica:
a² + b² = c².
Concentrandoci sulle soluzioni intere, analizziamo le terne in modo più dettagliato. Se una terna (a, b, c) rispetta l'equazione di Pitagora, è abbastanza chiaro che anche (2a, 2b, 2c) soddisfa la medesima equazione:
(2a)² + (2b)² = 4a² + 4b² = 4(a² + b²) = 4c² = (2c)².
Questo è vero più in generale; se (a, b, c) è una terna pitagorica, allora per ogni intero k anche la terna (k·a, k·b, k·c) è una terna pitagorica: (ka)² + (kb)² = (kc)².
Si può andare oltre. Supponiamo che due elementi di una terna pitagorica (a, b, c) (diciamo a e b) abbiano un fattore in comune (per esempio, se sono entrambi multipli di 3). Allora anche c dovrà essere multiplo dello stesso fattore. Infatti, se per esempio a = 3𝛼, b = 3𝛽, allora
c² = a² + b² = (3𝛼)²+(3𝛽)² = 9(𝛼²+𝛽²),
da cui si vede che c = 3√(𝛼²+𝛽²), cioè che anche c è multiplo di 3. Lo stesso vale per ogni coppia di elementi di (a, b, c): se 2 hanno un fattore comune, anche il terzo elemento lo conterrà.
Queste considerazioni ci permettono di dividere le terne pitagoriche in terne primitive e terne derivate. Le terne primitive sono quelle in cui i tre numeri a, b, e c sono primi tra loro, cioè non contengono fattori in comune. Saranno invece derivate le terne che sono il prodotto di una terna primitiva per un numero intero qualsiasi.
Urge qualche esempio. La famosa terna (3, 4, 5) è una terna primitiva perché 3, 4 e 5 sono primi tra loro. La terna (6, 8, 10) è invece derivata, in quanto 6, 8 e 10 hanno 2 come fattore comune. Deriva ovviamente da (3, 4, 5). Da ogni terna primitiva possiamo in effetti costruire infinite terne derivate.
Le terne primitive sono quindi quelle fondamentali. Quante ce ne sono? Come possiamo trovarle? La risposta è che sono anche loro infinite, ed esiste una formula, dovuta già ad Euclide, che ci permette di scoprirle tutte!
Siano m ed n due interi positivi primi tra loro, con m > n, tali che uno sia pari e l'altro sia dispari. Allora tutte le terne pitagoriche primitive sono date da:
a = m² - n²;
b = 2mn;
c = m² + n².
b = 2mn;
c = m² + n².
È abbastanza immediato verificare che se a, b, e c sono in questa forma soddisfano l'equazione pitagorica:
a² + b² = (m²-n²)² + (2mn)² = m⁴ + n⁴ - 2m²n² + 4m²n² = m⁴ + n⁴ + 2m²n² = (m²+n²)² = c².
È un po più difficile dimostrare l'implicazione inversa, cioè che tutte le terne pitagoriche primitive sono esprimibili in questo modo
Finiamo con qualche esempio numerico: con n = 1 ed m = 2, si trova la famosa terna (3, 4, 5):
a = 2² - 1² = 3;
b = 2·1·2 = 4;
c = 2² + 1² = 5.
b = 2·1·2 = 4;
c = 2² + 1² = 5.
Con n = 2 ed m = 3, si trova (5, 12, 13); e così via. Attenzione che se si scelgono m ed n non primi tra loro oppure con la stessa parità (entrambi pari o entrambi dispari), si trova una terna derivata. Per esempio con n = 3 ed m = 5, si ha (16, 30, 34), derivata da (8, 15, 17).
nella parte dove XY=S^2 afferma che X e Y sono quindi quadrati perfetti, senza darne la dimostrazione
da osservare che:
Sia a, b, c una terna primitiva, sappiamo che in una terna primitiva c deve essere dispari, quindi sia a dispari e b pari.
Abbiamo: b^2 = (c-a)(c+a) sia c-a che c+a sono pari perchè differenza di due numeri dispari. poniamo dunque c-a = 2r
c+a = 2s
allora c = r+s e a = s-r mentre b=4 r s
Osserviamo ora che r ed s devono essere primi fra loro perché se avessero fattori comuni questi sarebbero divisori comuni anche di a e c, che in una terna primitiva non hanno fattori comuni. Ma siccome 4rs è un quadrato ed r ed s non hanno fattori primi comuni allora r ed s devono essere entrambi quadrati perfetti. Quindi possiamo porre r = m^2 ed s = n^2. Da cui:
a=n^2-m^2
b=4m^2n^2
c=n^2+m^2
algebra moderna:
Dice che se r ed s sono due numeri entrambi pari o entrambi dispari si ha che rs+[(r-s)/2]^2=[(r+s)/2]^2. Inoltre dice che se r ed s sono simili (per definizione due numeri sono simili se esiste un intero che è medio proporzionale fra di essi, cioè r:m=m:s) allora rs=m^2 ed abbiamo trovato i numeri cercati.
Quindi osserva che in particolare se r ed s sono quadrati essi sono simili e perciò abbiamo il caso particolare: p^2 q^2 +[(p^2-q^2)/2]^2=[(p^2+q^2)/2]^2
Quindi in questo passo prova la sufficienza e la necessità della formula per trovare una terna pitagorica. Nell’ultimo rigo, dove scrive che se la differenza fra due quadrati non risulta dal prodotto di numeri simili, allora la differenza dei quadrati non è un quadrato sta provando la necessità.
Nota che non presta alcuna attenzione al carattere fondamentale di una terna. Piuttosto dice a,b,c formano una terna pitagorica sse uno dei cateti è il medio proporzionale di due numeri entrambi pari o entrambi dispari, purché essi siano simili ( quindi purché il loro prodotto sia un quadrato), mentre l’ipotenusa è la semisomma e l’altro cateto la semidifferenza di questi.
In questi termini per Euclide la “formula” generale per generare una terna Pitagorica può essere ottenuta selezionando due fattori del quadrato di un cateto aventi la stessa parità e prendendo la semisomma e la semidifferenza per ottenere i lati mancanti.
Fermat affermò che l'equazione:
aⁿ + bⁿ = cⁿ
non ha soluzioni intere se n > 2, ma non ci lasciò alcuna dimostrazione. Questo succedeva nel 1637. Nei decenni e secoli successivi, molti tra i più famosi matematici si cimentarono con questo mistero. Cominciarono un passetto per volta: invece che per n generico, si misero a studiare il problema per casi specifici, partendo dai più facili: n = 3, n = 4, ... cercando poi strade per generalizzare i loro risultati. Lo stesso Fermat ci lasciò una dimostrazione (per fortuna questa volta la scrisse!) per il caso n = 4, che si rivela essere il più semplice.
Ma sulla strada si presero anche delle cantonate! Il grande Leonhard Euler affrontò il problema per n = 3, applicando l'aritmetica dei numeri complessi che lui stessa aveva contribuito a sviluppare.... ma ahimè la sua dimostrazione conteneva un errore (capita proprio a tutti!): ancora una volta l'ultimo teorema di Fermat mostrava le sue insidie.
Altri grandi nomi della matematica continuarono ad occuparsi del problema, tra i quali troviamo Legendre, Dirichlet, Gauss, Lebesgue, e altri ancora. Nel corso del diciannovesimo secolo, furono trovate soluzioni non solo per singoli esponenti, ma per intere classi di valori. Nel corso del '900, anche grazie all'avvento del calcolatore, l'ultimo teorema di Fermat fu dimostrato per numerosissimi esponenti: nel 1993, si sapeva che il teorema era vero per tutti i valori di n fino a 4 milioni!
Ci si potrebbe chiedere se il problema avesse a questo punto perso di interesse, ma naturalmente c'è una differenza concettuale enorme tra l'aver verificato un numero pur grande ma finito di casi rispetto al caso generale. E c'è un altro aspetto: lo studio dell'ultimo teorema di Fermat aveva nel corso degli anni condotto indirettamente allo sviluppo di nuovi strumenti matematici. Un attacco finale alla versione generale del problema avrebbe non solo soddisfatto una curiosità secolare, ma sarebbe stato accompagnato da scoperte matematiche di respiro ben più ampio.
E fu proprio quello che accadde... ma di questo parleremo nella prossima (ultima, promesso!) puntata.
Come anticipato, vorrei presentarvi la dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat nel caso n = 4, basata su quanto lasciatoci da Fermat stesso. Non siete curiosi di vedere concretamente almeno un caso di questo teorema leggendario? Farò il possibile per essere lineare, però devo ammettere che il post si presenta minacciosamente prolisso.
Come introduzione generale, useremo il metodo della discesa infinita, inventato prorio da Fermat e usato molto di frequente in matematica. In pratica, assumendo l'esistenza di una soluzione intera, si può costruire una seconda soluzione intera "più piccola". Si potrebbe quindi ripetere il processo partendo dalla seconda soluzione: arriveremmo ad una terza soluzione ancora più piccola, e via a continuare. Ma questo procedimento è impossibile sui numeri naturali, perché ad un certo punto i numeri naturali ... finiscono! Al più possiamo arrivare ad 1, e poi rimarremmo bloccati. Quando ci si imbatte in questa situazione, si conclude che la soluzione iniziale non sarebbe potuta esistere, l'unico modo per evitare di far cominciare la cascata infinita.
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Allora, vogliamo dimostrare che NON esistono soluzioni intere dell'equazione di Fermat nel caso n = 4:
a⁴ + b⁴ = c⁴.
Invece di fissarci su questa equazione, ne consideriamo un'altra, simile, che per brevità chiamerò d'ora in poi equazione (★):
a⁴ + b⁴ = c². (★)
Se dimostriamo che non esistono soluzioni intere di (★), abbiamo vinto. Infatti possiamo riscrivere l'equazione di Fermat per n = 4 così:
a⁴ + b⁴ = (c²)².
Se dunque l'equazione di Fermat avesse soluzioni intere, ne avrebbe anche (★). Se quindi dimostriamo che (★) non ne ha, Fermat neppure ne può avere.
Queste dimostrazioni di solito procedono per contraddizione: si suppone "per assurdo" che esista una terna di soluzioni intere di (★), si esplorano le conseguenze di questa assunzione, e si giunge infine ad una contraddizione logica, dimostrando che l'assunzione iniziale dell'esistenza di soluzioni intere non era valida.
Consideriamo tutte le terne di soluzioni intere dell'equazione (★). Non sappiamo quante siano, potrebbe essercene una sola, o più di una, o anche infinite. La nostra ipotesi di assurdo è proprio che ce ne sia almeno una. Se fossero più d'una, tra tutte queste potenziali terne di soluzioni, scegliamone poi una che abbia il più piccolo valore possibile di z, e chiamiamola (a, b, c). Attenzione, questo è un fatto chiave della dimostrazione: per come è stata scelta, nessun'altra terna di soluzioni di (★) ha come terzo elemento un numero strettamente minore di c.
Dobbiamo ora distinguere due casi.
• Caso A).
Supponiamo che a, b, c abbiano un fattore in comune. Questo vuol dire che esiste un numero p > 1 tale che a = p·𝛼, b = p·𝛽, c = p·𝛾 per opportuni interi 𝛼, 𝛽, 𝛾. Ma allora:
(p·𝛼)⁴ + (p·𝛽)⁴ = (p·𝛾)²;
e quindi, dividendo per p²:
p²·𝛼⁴ + p²·𝛽⁴ = p²(𝛼⁴ + 𝛽⁴) = 𝛾².
Questo mostra che 𝛾² è un multiplo di p², e quindi, dato che 𝛾 è intero, anche che 𝛾 è un multiplo di p. Esiste cioè un intero positivo 𝛿 tale che 𝛾 = p·𝛿. Ma allora:
p²·𝛼⁴ + p²·𝛽⁴ = 𝛾² = p²·𝛿²
e finalmente, semplificando il fattore p²,
𝛼⁴ + 𝛽⁴ = 𝛿².
Questo vuol dire che la terna (𝛼, 𝛽, 𝛿) soddisfa l'equazione (★).
Ma questo è una contraddizione. Infatti, 𝛿 = 𝛾/p = c/p² < c, perché p > 1. Ma noi avevamo specificamente scelto la terna (a, b, c) come la soluzione di (★) con il più piccolo valore possibile del terzo elemento. Ecco la contraddizione!
• Caso B).
Abbiamo finora dimostrato che il caso A) non è possibile, cioè che a, b, c non possono avere un fattore comune. Supponiamo ora che a, b, c non abbiano fattori in comune. Notiamo che la terna (a², b², c) è una terna pitagorica, soddisfa cioè l'equazione pitagorica x² + y² = z², dato che (a, b, c) soddisfano (★):
(a²)² + (b²) = a⁴ + b⁴ = c².
Inoltre, dato a, b e c non hanno nessun fattore in comune, neppure a², b² e c possono averne (per esempio, a² contiene gli stessi fattori primi che contiene a, per cui se a e c non hanno fattori comuni, non ne hanno neppure a² e c). Questo vuol dire che (a², b², c) non solo è una terna pitagorica, ma è una terna primitiva. Abbiamo visto in un post precedente (link in fondo) che in ogni terna primitiva i primi due elementi devono avere parità opposta (cioè sono uno pari e uno dispari); senza perdita di generalità, supponiamo qui che a sia pari e b dispari. Inoltre, ogni terna primitiva si può scrivere così:
a² = 2 m·n;
b² = m² - n²;
c = m² + n².
b² = m² - n²;
c = m² + n².
Qui m ed n sono anche loro interi positivi primi tra loro.
La seconda equazione si può riscrivere come n² + b² = m², quindi (n, b, m) è anch'essa una terna pitagorica. Dato che m ed n sono primi tra loro, si tratta anzi di una terna primitiva. Inoltre, dato che b è dispari, n deve essere pari. Possiamo ripetere il giochetto di prima: devono esistere due interi positivi r ed s, primi tra loro, tali che:
n = 2 r·s;
b = r² - s²;
m = r² + s².
b = r² - s²;
m = r² + s².
Ora, consideriamo il seguente fatto: se il prodotto di due interi primi tra loro è uguale ad un quadrato perfetto, ne segue che ciascuno dei due fattori è a sua volta un quadrato perfetto (per esempio, 4×9 = 36 = 6², e sia 4 che 9 sono quadrati). La dimostrazione non è difficile, ma la ometto per brevità. Usando questo fatto, scopriamo che m ed n/2 sono entrambi quadrati perfetti. Infatti, ricordando che a² = 2 m·n:
m·(n/2) = (2mn)/4 = a²/4 = (a/2)².
Ricordiamo che tanto a che n sono pari, per cui n/2 ed a/2 sono effettivamente numeri interi.
Ripetendo lo stesso trucchetto, si trova che anche r ed s sono quadrati perfetti, perché r ed s sono primi tra loro, ed r·s = n/2 che, come abbiamo appena dimostrato, è un quadrato perfetto.
Siamo quasi alla fine, manca solo un ultimo sforzo: abbiamo trovato tre interi m, r, s che sono quadrati perfetti, per cui r = u², s = v², m = w² con u, v, w opportuni interi. Ricordando che m = r² + s², abbiamo finalmente:
u⁴ + v⁴ = w².
Quindi la terna (u, v, w) soddisfa l'equazione (★)! Ma questo non è possibile, perché
c = m² + n² = w⁴ + n² > w⁴,
e quindi w⁴ < c e a maggior ragione w < c. Ma questo è un assurdo: abbiamo costruito una terna (u, v, w) che soddisfa l'equazione (★), e il cui il terzo elemento è strettamente minore di c - in contraddizione con la scelta di (a, b, c) come terna col più piccolo c.
Quindi neppure il caso B) è possibile. Ma... non ci sono altri casi... abbiamo finito! Non possono esistere soluzioni intere dell'equazione (★). E per quanto accennato all'inizio, questo implica che non possono esserci soluzioni intere nemmeno per l'equazione di Fermat con n = 4.