Galilei, al contrario di Aristotele, per il quale i corpi pesanti cadono più velocemente di quelli leggeri, si era convinto, in base alle sue osservazioni sperimentali e ragionamenti logici, che nel vuoto i corpi cadono tutti con la medesima accelerazione, indipendentemente dalla loro massa: oggetti di massa diversa, lasciati cadere contemporaneamente dalla medesima altezza, raggiungono il suolo nello stesso istante. Questo è il principio di equivalenza debole (PE).
Dal PE consegue che nelle equazioni del moto di un corpo, soggetto alla sola forza di gravità, scompare la massa dello stesso corpo. In un ascensore in caduta libera i vari oggetti, cadendo con la stessa accelerazione dell’ascensore, restano sospesi a mezz’aria, fluttuano liberamente; un pendolo non oscilla, l’acqua non si versa, non si ha la sensazione di peso, non esistono piani verticali e orizzontali, si perde la nozione di alto e basso. Un riferimento in caduta libera può essere anche un pianeta: la Terra è in caduta libera nel campo gravitazionale del Sole, e per questo motivo sulla Terra la forza di gravità del Sole non si avverte; se facciamo cadere una bottiglia piena d’acqua, dopo aver praticato dei fori, durante la caduta l’acqua non fuoriesce perché acqua e bottiglia sono soggette alla medesima accelerazione.
Allora il PE è vero o falso?
L’unico problema astronomico che non sembrava spiegabile con la teoria di Newton era quello del perielio del pianeta Mercurio che, in base ai calcoli e alle osservazioni di Urbain Le Verrier, fatte nel 1859, ruota leggermente più veloce di quanto previsto dalla teoria di Newton e, precisamente, di circa 43 secondi d’arco per secolo. Il problema dell’apparente anomalia dell’orbita di Mercurio è strettamente collegato al principio di equivalenza.
Qualunque sia il meccanismo con cui si genera la forza di gravità, per l’interazione gravitazionale occorrono due corpi per cui l’espressione dell’accelerazione, dell’uno rispetto all’altro, deve contenere, e in forma simmetrica, entrambe le masse M e m.
Il centro di massa di un sistema di due punti materiali, si trova sul segmento che li congiunge e lo divide in parti inversamente proporzionali alle rispettive masse. Il riferimento ancorato al centro di massa (riferimento baricentrico) di un sistema isolato di punti materiali è un riferimento inerziale (RI): in esso sono valide le leggi della dinamica.
Se a è l’accelerazione di un pianeta P rispetto al Sole S, per la relatività del moto anche l’accelerazione di S rispetto a P deve valere a. Pertanto l’espressione dell’accelerazione relativa deve contenere entrambe le masse, e in forma simmetrica. La stessa considerazione vale per la velocità relativa e per l’espressione del periodo di rivoluzione.
Consideriamo il sistema isolato costituito da due astri, S e P; siano M, m le loro masse, O il
centro di massa e d la loro distanza in un dato istante. Le distanze di S, P dal centro di massa O del sistema, sono date, rispettivamente, da (1) rS = md/(M+m), rP = Md/(M+m). S e P impiegano lo stesso tempo per arrivare in O pur percorrendo spazi diversi. Essi cadono su O con le accelerazioni (assolute):
(2) aSO = Gm/d², aPO = GM/d².
Ovviamente sono valide le relazioni
aPO/aSO = vPO/vSO = rP/rS = M/m.
Osserviamo che se al posto di P si trovasse un astro Q di massa mQ maggiore di m, il centro di massa non sarebbe più O, ma un punto K spostato verso Q; l’accelerazione assoluta iniziale di Q, aQK = GM/d², sarebbe la stessa che aveva P, però Q impiegherebbe meno tempo per arrivare in K di quanto ne impiegava P per arrivare in O perché percorrerebbe uno spazio QK minore di PO. Quindi, se P, Q cadessero su S in istanti diversi, impiegherebbero tempi diversi per arrivare sul centro di massa che non è lo stesso nei due casi.
L’accelerazione del Sole, aSK = GmQ/d², è maggiore dell’accelerazione aSO = Gm/d² ma ora anche lo spazio SK, che percorre S, è maggiore di SO, per cui, in ogni caso, Q ed S arrivano in K contemporaneamente. Le stesse considerazioni valgono se P, S orbitano attorno a O. Ricordando che l’accelerazione vettoriale relativa a si ottiene sottraendo le due accelerazioni vettoriali assolute aSO e aPO, poiché queste hanno uguale direzione ma verso opposto, il modulo dell’accelerazione relativa a è dato dalla somma dei moduli delle accelerazioni assolute. Analogo discorso vale per la velocità relativa. Pertanto
(3) a = aSO + aPO = G(M+m)/d² dipendente da entrambe le masse.
Soltanto se la massa m di P è molto più piccola della massa M di S, si può assumere, ai fini pratici, M + m ≈ M. In tal caso il centro di massa O coincide col centro di S ed è lecito dire che P cade su S. Pertanto, nel caso della caduta di piccoli gravi sulla Terra, non è necessario precisare se il sistema di riferimento è quello baricentrico oppure quello terrestre, perché la differenza di accelerazione è talmente piccola da non poter essere rivelata. Il centro di massa coincide, praticamente, col centro della Terra. Ma tale differenza non è più trascurabile se consideriamo il moto della Luna attorno alla Terra, o l’orbita di un pianeta attorno al Sole; in questi casi, come l’esperienza insegna, gli effetti sono rivelabili. Se i due astri P, S orbitano attorno al comune centro di massa O, allora la traiettoria di P è la circonferenza di centro O e raggio OP, quella di S è la circonferenza di centro O e raggio OS. Abbiamo supposto, per semplicità, circolari le due orbite.
Tenendo presente l’espressione ac = v²/r dell’accelerazione centripeta di un punto materiale, in moto con velocità costante v su una circonferenza di raggio r, se indichiamo con VSO e VPO le velocità assolute di S e P, tenendo presenti le (2), si ha
aSO = Gm/d² = VSO²/rS;
aPO = GM/d² = VPO²/rP
da cui, oltre all’accelerazione relativa già trovata, otteniamo
VSO² = GmrS/d², VPO² = GMrP/d² che, per le (1), si possono scrivere nella forma
VSO=[Gm²/d(M+m)]^(1/2) ;
VPO=[GM²/d(M+m)]^(1/2).
Consegue che la velocità relativa (di un astro rispetto all’altro) è
(4) V = VMO + VmO = [G(M+m)/d]^(1/2] .
Anche la terza legge di Keplero, nella forma enunciata dallo stesso Keplero, non è del tutto corretta perché il Sole non è un perfetto riferimento inerziale. Infatti, detto T il periodo di rivoluzione di un pianeta rispetto al Sole, poiché la sua accelerazione centripeta è
a = (2π/T)²d, dalla (3) consegue
(5) d³/T² = G(M+m)/4π² da cui
(6) T=2π[d³/G(M+m)]^(1/2).
Quindi d³/T² varia con la massa del pianeta, ma Keplero non se ne accorse, per fortuna. Ovviamente il periodo di rivoluzione T è lo stesso per P e per S.
Poiché nel moto assoluto gli angoli al centro percorsi in un dato tempo da S e da P sono uguali, consegue che la velocità angolare assoluta ω è la stessa per S e per P. Invece, l’arco s = αr, percorso in un dato tempo, la velocità v = ωr e l’accelerazione a = ω²r, sono diverse per S e P perché proporzionali ai raggi delle loro orbite.
Il campo gravitazionale generato da S, a distanza d dal suo centro, è g = GM/d², ma l’accelerazione di gravità del pianeta P, rispetto a S, è a = G(M + m)/d²; le due grandezze sono diverse! Per esempio, il campo gravitazionale terrestre a distanza d, dove si trova la Luna, è
g = GM/d², ma l’accelerazione centripeta della Luna, rispetto alla Terra, è a = G(M + m)/d². Questo perché per il sistema Terra-Luna la Terra non è un RI.
Per quanto piccola possa essere la massa di un pianeta rispetto a quella del Sole, non è nulla, e pertanto il centro di massa non coincide esattamente col centro del Sole.
L’accelerazione (3) è incompatibile con il PE espresso nella forma: nel campo gravitazionale terrestre i corpi che cadono dalla stessa altezza hanno la medesima accelerazione, qualunque sia la loro massa e in qualunque istante siano lasciati cadere.
Poiché, in generale, i corpi provenienti dallo spazio hanno massa molto più piccola di quella terrestre, la differenza di accelerazione con cui cadono sulla Terra, dalla stessa altezza, due corpi extraterrestri, di massa diversa e in istanti diversi, è talmente piccola che non può essere osservata. Se, invece, consideriamo un pianeta in orbita attorno al Sole, e quindi osserviamo il fenomeno per tutto il tempo che occorre, notiamo che l’effetto della massa del pianeta sulla sua accelerazione relativa non è più trascurabile. Si può, in tal modo, spiegare la precessione del perielio del pianeta Mercurio.
Allora, corpi di massa diversa cadono sulla Terra con accelerazione uguale o diversa?
E’ opportuno fare qualche precisazione.
L’affermazione di Galilei, Newton ed Einstein, in base alla quale più corpi, lasciati cadere contemporaneamente da uno stesso luogo, giungono nello stesso istante sulla superficie terrestre, è corretta, ma la loro analisi non è completa. Questi corpi di masse m1, m2, …., mn, possono essere considerati come un unico oggetto di massa totale
m = m1 + m2 + ….+ mn
che sposta il centro di massa del sistema oggetto - Terra e, pertanto, cadono tutti con la stessa accelerazione rispetto alla Terra.
Galilei, Newton ed Einstein non hanno sperimentato, né potevano, se due corpi terrestri o extraterrestri, con masse molto diverse, lasciati cadere dalla medesima altezza in istanti diversi, oppure nello stesso istante ma in luoghi diversi, impiegano tempi uguali o diversi per arrivare sulla Terra. In realtà non è necessaria alcuna verifica sperimentale perché la stessa legge di Newton comporta che bisogna distinguere il caso di corpi terrestri dal caso di corpi extraterrestri. In base alla legge di Newton l’accelerazione con cui cade un corpo terrestre, o un sistema di corpi, effettivamente non dipende dalla sua massa m. Infatti, in tal caso la massa del pianeta non è più M, bensì M-m, per cui l’accelerazione del corpo, o sistema di corpi, rispetto alla Terra è, per la (3), g=G[M-m+m]/d² = GMd² indipendente dalla sua massa.
Per un osservatore terrestre il campo gravitazionale della Terra in un dato punto P è uguale all’accelerazione con cui cadono, da P, i corpi terrestri sulla sua superficie. Allora la Terra, non considerando la sua rotazione, è oppure no, un riferimento inerziale? Lo è se studiamo la caduta di corpi terrestri, non lo è se studiamo il moto di corpi extraterrestri perché, in questo caso, il centro di massa del sistema varia con la massa del corpo extraterrestre. Naturalmente la questione è soltanto di principio perché gli oggetti, terrestri o extraterrestri, hanno, in generale, massa trascurabile rispetto alla massa della Terra.
In conclusione, è vero che i corpi terrestri cadono tutti con la stessa accelerazione, ma ciò è una conseguenza della legge di Newton, non un nuovo principio fisico.
Quando si consuma energia per lanciare un razzo verso l’alto, il centro di massa del sistema Terra-razzo non si sposta; ma la Terra, per reazione, rincula, anche se di un tratto infinitesimo. Quando l’oggetto cade, ritrova la Terra nel punto in cui l’ha lasciata al momento del lancio perché anch’essa si sposta verso il centro di massa. Ma, come già abbiamo detto, la questione è di principio, più che pratica, dal momento che il lancio di un razzo non solletica minimamente l’enorme inerzia della Terra.
L’espressione “un oggetto cade su un astro” non è molto corretta perché l’oggetto e l’astro si spostano entrambi verso il comune centro di massa.
I corpi terrestri cadono, sulla superficie terrestre, con la medesima accelerazione, che non dipende dalla loro massa, sia se li facciamo cadere tutti insieme, sia se li facciamo cadere uno per volta. Invece i corpi extraterrestri, di massa diversa, se cadono in tempi diversi sono soggetti a un’accelerazione dipendente dalla loro massa.
Se sulla Terra, o meglio sul centro di massa del sistema Terra-Luna, cadessero, prima una pietra lunare e poi l’intera L'una, esse impiegherebbero tempi diversi per raggiungere il suolo terrestre perché percorrerebbero spazi diversi per raggiungere, assieme alla Terra, il centro di massa. Analogamente, se Giove cadesse sul Sole, lo raggiungerebbe in un tempo minore di quello necessario alla caduta di un suo satellite. Se invece sul Sole cadessero, contemporaneamente, Giove e i suoi satelliti, allora i vari corpi si potrebbero considerare un unico oggetto e sarebbero soggetti alla medesima accelerazione; quindi arriverebbero sul Sole nello stesso istante. Tutto ciò non è un’ipotesi fantasiosa, perché il moto orbitale di Giove con i suoi satelliti è, in sostanza, anch’esso una caduta verso il Sole. Per questo stesso motivo, Terra e Luna, per la loro vicinanza e l’enorme distanza dal Sole, si possono considerare un unico oggetto che cade sul Sole. Perciò esse sono soggette alla medesima accelerazione. Non è necessario alcun principio, né osservazione, per capire che Terra e Luna cadono sul Sole con la medesima accelerazione.
Secondo Newton il moto di rivoluzione di un pianeta avviene non intorno al comune centro di massa, ma attorno al Sole, considerato immobile rispetto al sistema delle stelle fisse.
Dimostrato che il PE non è del tutto vero, e comunque non è un principio, ma solo una semplice conseguenza della legge di Newton, vediamo come si risolve il problema della precessione del perielio di Mercurio.
Si è creduto che il problema sia stato definitivamente risolto utilizzando le equazioni di campo della RG che prevedono, appunto, una precessione di 43” per secolo. A questo punto il problema dell’anomalia del perielio di Mercurio dovrebbe considerarsi risolto, con somma soddisfazione dei relativisti e di Einstein che, come sappiamo, ha creduto di aver trovato la prima prova della correttezza della RG. Ma la storia non finisce qui.
Secondo Le Verrier, che usava il metodo di Laplace per il calcolo delle perturbazioni planetarie, non si commettono errori di rilievo, tranne che per i pianeti maggiori Giove e Saturno, se si trascurano le masse dei pianeti rispetto a quella solare, e ciò varrebbe in modo particolare per Mercurio. Con questa convinzione, per calcolare l’accelerazione centripeta di Mercurio rispetto al Sole, invece di utilizzare la formula corretta
a = G(M + m)/d² che tiene conto della massa del pianeta, Le Verrier e tanti altri astronomi, hanno usato la formula a = GM/d², come se la massa del pianeta fosse nulla: “Cette masse (de Mercure) est fort petite et ne peut avoir aucune influence”. Ciò equivale a far coincidere il centro S del Sole con il centro di massa del sistema. Se si rifanno i calcoli usando la formula corretta (6), si trova che la velocità di Mercurio è leggermente maggiore, di circa 340 metri al giorno, rispetto a quella calcolata da Le Verrier.
L’orbita rispetto a S è più lunga di quella effettiva di un arco 2πrs = 2πmd/(M+m), ma verrebbe descritta più velocemente considerata la maggiore velocità v data dalla (4) o il più breve periodo di rivoluzione, teorico e osservato, dato dalla (6).
In base ai calcoli, in cento anni, l’arco supplementare percorso da Mercurio, rispetto al Sole, corrisponde a un angolo al centro del Sole di circa 44.45 secondi d’arco.
Allora, se la legge di Newton, applicata correttamente, ci fa capire che il calcolo di Le Verrier non è esatto, come la mettiamo con la RG che prevede un avanzamento del perielio proprio di 43 secondi? In realtà, come si capisce, il perielio di Mercurio non precede; è il Sole, che orbitando attorno al centro di massa O, subisce una retroazione di 43” in cento anni. Lo spostamento del Sole comporta una lenta rotazione dell’asse maggiore dell’orbita di Mercurio.
Anche nel calcolo che si fa utilizzando le equazioni della RG, si suppone che soltanto il
Sole contribuisce alla curvatura dello spaziotempo e, inoltre, che esso sia fisso nello spazio. Il corpo più leggero viene assimilato a un corpo di prova privo di massa e il suo moto è definito per mezzo delle geodetiche dello spaziotempo.
Si crede che la metrica relativistica giustifichi l’entità della precessione del pianeta, e, quindi, costituisca la prova principale a sostegno della teoria della RG. In RG si dimostra che la precessione del perielio di un pianeta (esclusi Giove e Saturno), nel tempo T di una rivoluzione, è dato da ∆φ=(6πMG)/[c²(1- e²)a] dove e è l’eccentricità, a il semiasse maggiore dell’orbita, M la massa del Sole. Si trova che in un secolo il perielio di Mercurio avanzerebbe di un angolo α, espresso in secondi,
α” = 100∙Δφ/T = 42”,98.
Proprio la coincidenza del risultato con quello previsto da Le Verrier fa nascere il dubbio che la formula non sia del tutto corretta: infatti, in essa, oltre alle varie approssimazioni fatte per ottenerla, non compare la massa m del pianeta. Se in essa comparisse m si avrebbe un valore alquanto diverso per α.
Il calcolo di Le Verrier e quello relativistico non costituiscono una prova che smentisce la teoria della gravitazione di Newton, come per primo concluse Newcomb, e favoriscono quella di Einstein, perché in entrambi i casi si commette l’errore di trascurare la massa del pianeta Mercurio. Poiché non si possono conseguire risultati corretti da premesse discutibili, si deve concludere che la RG non è del tutto esatta. La principale prova a sostegno della RG si è rivelata un boomerang contro la stessa teoria.
Utilizzando la (3) si trova che l’angolo in radianti della precessione del perielio di un qualsiasi pianeta di massa m, nel tempo T di una rivoluzione attorno al Sole, avente massa M, è dato semplicemente da φ ≈ πm/M.
Vediamo come la teoria di Newton, con semplici calcoli, spiega la precessione del perielio di Mercurio. Sostituendo nella (4) i valori della massa del Sole M = 1,9890∙10^33 grammi, di Mercurio m = 3.2850∙10^26 grammi, e della loro distanza d = 5,791∙10^12 cm, si ottiene per la velocità del pianeta
V1 = 4.786.340,179 cm/sec.
Se, invece, si assume m = 0, ossia riteniamo il Sole fisso, la velocità di Mercurio sarebbe
V2 = 4.786.339,784cm/sec e quindi V1-V2 = 0,395 cm/sec; in cento anni il pianeta descriverebbe un arco supplementare pari a
s = 12.433.354 m; tale arco non è altro che la lunghezza dell'arco di circonferenza descritta dal centro del Sole attorno al centro di massa del sistema.
L’angolo in radianti, corrispondente a tale arco, è αrad = s/d =12.433.354/(5.791·10^10) = 0.000214 rad ossia, in secondi,
α” = 180·3600”·αrad/π ≈ 44,45”.
Nel tempo T di rivoluzione di un pianeta, dato da (5), essendo
∆V=[G(M+m)/d]^(1/2) - (GM/d)^(1/2),
viene descritto un angolo al centro del Sole αTrad= s/d = (ΔV·T)/d=2π[1- (1+m/M)^(-1/2)]
Essendo la quantità x = m/M = 1/6.054.795 molto piccola, è lecita l’approssimazione (1+x)^(-1/2)=1- x/2 per cui
αTrad = 2π[1- (1+mM)^(-1/2)] ≈ πm/M.
In base alla legge di Newton, la precessione del perielio di Mercurio è di 44,45” per secolo. Considerato che la massa di Mercurio è approssimata, non essendo il pianeta dotato di satelliti, che d è la distanza media dal Sole, si capisce che il risultato trovato può essere affetto da un piccolo errore ma certamente di gran lunga minore di quello di Le Verrier e di Einstein che hanno trascurato addirittura la massa del pianeta.